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SU DI ME


E’ sempre difficile parlare di sé. Parlare di sé in maniera onesta, intendo.
Quando qualcuno ha un sito o un blog ed ha la possibilità di snocciolare date, eventi e luoghi del proprio percorso umano e professionale, diventa difficile resistere alla tentazione dell’ autocompiacimento e difficilissimo non cedere alla voglia di compilare una specie di Curriculum Vitae* sotto quella che dovrebbe essere un’ipotetica sezione BIO o ABOUT ME.
A me invece interesserebbe parlar d’altro. Per esempio mi piacerebbe spiegarvi chi sono, da dove vengo, cosa faccio e -soprattutto- perché faccio quello che faccio. Domande facili, risposte  complicatissime e mai esaurienti… ma da qualche parte bisognerà pur cominciare, no?
Dunque…. sono nato a Ceccano (Fr) il 07/11/19xx.
Ero un bambino più o meno così
no, non così appena nato (povera mamma!) qui avevo tre o quattro anni...

Ricordo che scrivevo, disegnavo, immaginavo storie e personaggi fin da piccolo, affascinato dai cartoni animati, dai fumetti, dai film, dalle fiabe.

Ricordo che sono stato un sacco di tempo in campagna dai miei nonni e lì c’erano prati sconfinati dove correre e far volare le astronavi della mia fantasia. 

Ricordo che avevo un gatto di nome Flender, però lui non si trasformava in trivella, jet o sottomarino.
Fleeeeeendeeeeerrrr, jeeeeeeet!!!!!

Faccio parte di quella generazione cresciuta con i robottoni giapponesi dei cartoni animati, con la musica electropop fatta di sintetizzatori a manetta**, con le fantastiche sorprese trovate nelle merendine, con l’America reaganiana (sempre lontanissima, sognata, immaginata…) incarnata nei miti di Rocky&Rambo e sbattuta in prima serata sugli schermi bombati delle nostre TV.
Erano gli anni ottanta… e tutto sembrava possibile nell’Italietta opulenta ed edonista degli Yuppies, o fra le pagine delle pubblicità fuorvianti di Topolino.
Noi provincialotti ingenui e sognatori ci sentivamo autorizzati a credere che le vacche grasse sarebbero durate in eterno.
   Non potevamo sapere che ci aspettava invece un futuro di fame, morte, pestilenza e il precariato vita natural durante.

Cosa volevi fare da grande? Il pilota? L’astronauta? Lo scienziato? L’ingegnere? Il chirurgo? La ballerina? Il disegnatore di fumetti? Nella società sembrava esserci posto per tutti, tu dovevi solo scegliere un ruolo fra i tanti preset disponibili tipo supermercato. 
E per i traguardi più ambiziosi niente paura: Holly&Benji ci avevano insegnato che bisognava solo studiare un po’ di più, lottare un po’ di più e magari rinunciare a qualche uscita pomeridiana.
Ma alla fine tutti noi avremmo raggiunto i nostri obbiettivi.

E così, mentre noi sognatori passavamo i pomeriggi a giocare a pallone col Super Santos arancione&nero (auto-ovalizzante 5 minuti dopo l’acquisto in negozio)  oppure al bar (duecento lire per farsi una partita a quei videogiochi/sogno proibito*** che sul MAI E POI MAI avremmo potuto avere su un C64 o Vic 20), il FUTURO, quel tempo che immaginavamo lontano lontano, ci ha traditi.

Sarebbe dovuto arrivare fra tanto, tanto tempo, per portarci prima o poi a quelle vite che avevamo desiderato ardentemente vivere fin da piccoli. Ed invece è strisciato alle nostre spalle silenziosamente, subdolamente, solo per  pugnalarci alla schiena.
Da quel momento in poi, non sarebbe bastata più una manciata di raggi protonici per stuzzicare il nostro sense of wonder.

Non avremmo più pianto per le bombe umane di Zambot3.
Non avremmo più combattuto insieme a Rocky il match della nostra vita.
Non ci saremmo più stupiti o commossi per le piccole cose perchè non tutto ci sarebbe sembrato più possibile.

Pensate che abbia divagato troppo? Che questo non c’entri nulla con una vera presentazione o con una breve biografia? Che sia uscito fuori tema come ai tempi della scuola?
Forse.
Fatto sta che tutto quello che ero e che sono va a finire inevitabilmente nel mio lavoro. Quando chiesero ad Osamu Tezuka perché fosse diventato un mangaka, lui rispose qualcosa tipo “per dare commozione ai bambini”…. beh, sono d’accordo con lui, solo che per me i bambini possono avere anche trenta, quaranta, cinquanta sessanta o novant’anni!

Il mio sogno più grande (oltre l’eterna giovinezza e denaro a palate che fuoriesce automaticamente da un qualche rubinetto di casa, ovviamente) è infatti scrivere e disegnare (o dirigere) una storia tutta mia.
Dentro quella storia  ci metterò il mio cuore e dove sarà il mio cuore, lì starà il mio tesoro.

Sì… bello anche lavorare per qualche grossa casa editrice/grossa casa di produzione televisiva o cinematografica. Sono traguardi importanti e gratificanti. Ma fare tutto questo con una storia che ti porti dentro e che puoi finalmente dividere con tutti… beh, è il massimo. E’ dividere tutti lo stesso tesoro, è fare tutti lo stesso sogno. E’ tornare a commuoversi, come bambini.

Mi presento: mi chiamo Stefano Santoro e sono (e sarò sempre) un creativo.


*: Avete presente, no?  Quei  tristissimi CV formato europeo che nessuno legge mai fino alla fine e che sono formattati in modo da far sembrare anche l’ultimo fancazzista del mondo una persona in realtà traboccante solo di qualità e talenti, praticamente una sorta di campione della razza umana con una vita intensissima e pienissima?
**: ... e batteria di plastica e pianola anch'essa di plastica appena trovata tipo nell'uovo di Pasqua...
***: Ma tanto da grandi ci siamo scaricati gli emulatori di coin-op e ce li siamo rigiocati e finiti tutti... ihihih...

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